Quali diritti economici hanno padre e madre, privi di occupazione lavorativa, alla nascita del proprio figlio?
Negli anni, il Governo ha legiferato varie misure finalizzate ad agevolare economicamente e socialmente la creazione di famiglie numerose, anche al fine di combattere il calo demografico e l’invecchiamento sempre più consistente della popolazione: bonus sociali, premi nascita e congedi retribuiti sono solo alcuni dei benefici messi a disposizione dei neogenitori. Proprio con riguardo alle agevolazioni lavorative, ci si è chiesti se queste possano essere applicate al genitore disoccupato: spetta il congedo parentale? Nell’articolo approfondiremo questo istituto, le caratteristiche e le condizioni di applicabilità, per poi analizzare una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea sul punto che, a quanto pare, sembra dare un’interpretazione estensiva in favore del genitore che, nel frattempo, ha perso il posto di lavoro.
Indice
Cos’è il congedo parentale?
Il congedo parentale è un beneficio riconosciuto ai neogenitori lavoratori, grazie al quale questi ultimi possono godere di un periodo di astensione facoltativo dal lavoro.
Il motivo è chiaro: agevolare la conciliazione delle responsabilità professionali e familiari dei genitori che lavorano. Infatti, grazie a questo istituto, i genitori potranno prendersi cura del bambino nei suoi primi anni di vita, agevolando i bisogni affettivi e relazionali, senza abbandonare definitivamente il proprio posto di lavoro.
Questo beneficio spetta a tutti i lavoratori, di ambo i sessi, aventi un contratto o un rapporto di lavoro definito dalla legge, dai contratti collettivi o dalle prassi vigenti in ciascuno stato membro, mentre non si applica ad alcune tipologie di lavoratori, quali i domestici o i lavoratori a domicilio.
Ne consegue che la nascita, o l’adozione, di un bambino e lo status di lavoratore dei suoi genitori sono condizioni costitutive del diritto al congedo parentale in forza dell’accordo lavorativo in questione.
Come funziona il congedo parentale?
I genitori possono usufruire del congedo parentale entro i primi dodici anni di vita del bambino per un periodo complessivo tra i due genitori non superiore a dieci mesi.
I mesi salgono a undici se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per un periodo continuativo, o frazionato, di almeno tre mesi. Tale periodo complessivo può essere fruito dai genitori anche contemporaneamente.
Considerato il limite previsto, il diritto di astenersidal lavoro spetta:
alla madre lavoratrice dipendente per un periodo continuativo, o frazionato, di massimo sei mesi;
al padre lavoratore dipendente per un periodo continuativo, o frazionato, di massimo sei mesi, che possono diventare sette in caso di astensione dal lavoro per un periodo continuativo, o frazionato, di almeno tre mesi;
al padre lavoratore dipendente, anche durante il periodo di astensione obbligatoria della madre (a partire dal giorno successivo al parto) e anche se la stessa non lavora;
al genitore solo (padre o madre) per un periodo continuativo o frazionato di massimo dieci mesi.
Il congedo parentale può essere fruito anche su base oraria per metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga immediatamente precedente quello di inizio del congedo parentale. Inoltre, il legislatore ha previsto la possibilità, per una sola volta, di chiedere la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale (riduzione non superiore al 50%), al posto del congedo parentale o entro i limiti del congedo ancora spettante.
Riduzione dello stipendio
I genitori che beneficiano di questo diritto subiscono una riduzione della propria retribuzione, che varia a seconda delle fattispecie:
il 30% della retribuzione media giornaliera, calcolata in base alla retribuzione del mese precedente l’inizio del periodo di congedo, se il beneficio viene fruito entro i primi sei anni di età del bambino e per un periodo massimo complessivo di sei mesi;
il 30% della retribuzione media giornaliera, dai sei anni e un giorno agli otto anni di età del bambino se il reddito individuale del genitore richiedente è inferiore a 2,5 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione ed entrambi i genitori non ne abbiano fruito nei primi sei anni o per la parte non fruita anche eccedente il periodo massimo complessivo di sei mesi;
nessuna retribuzione se il beneficio è richiesto dagli otto anni e un giorno ai dodici anni di età del bambino.
Come si richiede?
La domanda va inoltrata prima dell’inizio del periodo di congedo richiesto, anche online, tramite il servizio dedicato dall’Inps.
Se la domanda viene presentata successivamente, saranno pagati solo i giorni di congedo successivi alla data di presentazione della domanda.
Per le lavoratrici e i lavoratori dipendenti, l’indennità è anticipata dal datore di lavoro, tranne che per gli operai agricoli a tempo determinato, i lavoratori stagionali a termine e i lavoratori dello spettacolo a tempo determinato, per i quali è previsto il pagamento diretto dall’Inps, così come per le lavoratrici e i lavoratori iscritti alla gestione separata e per le lavoratrici autonome.
Congedo parentale: spetta al genitore disoccupato?
Ci si è chiesti se il diritto al congedo parentale sia necessariamente collegato allo status di lavoratore al momento della nascita del proprio figlio.
Secondo la Corte di Giustizia [1], questo ragionamento non può trovare accoglimento, in quanto dalla normativa non si può dedurre che i genitori del bambino per il quale tale congedo è richiesto debbano essere lavoratori al momento della nascita o dell’adozione di quest’ultimo.
Infatti, il diritto individuale di ciascun genitore lavoratore al congedo parentale per la nascita, o l’adozione, di un figlio deve essere inteso nel senso che esso riflette un diritto sociale fondamentale e, quindi, non può essere interpretato in modo restrittivo.
Escludere i genitori che non lavoravano al momento della nascita o dell’adozione del proprio figlio equivarrebbe, infatti, a limitare il diritto di detti genitori alla possibilità di fruire di un congedo parentale in un momento successivo della loro vita in cui svolgono nuovamente un’attività lavorativa e del quale avrebbero bisogno per conciliare le loro responsabilità familiari e professionali.
Una siffatta esclusione sarebbe, pertanto, contraria al diritto individuale di ciascun lavoratore di disporre di un congedo parentale.
Note
[1] Corte Giustizia Europea, Sez.8, causa C-121/19, sentenza 25.02.2021
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