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Immagine del redattoreSalvatore Cirilla

Terreno: quando si perde l’usucapione?

Cosa succede se, dopo aver posseduto un immobile per decenni, si riconosce il vero proprietario del bene?


Sappiamo tutti che il metodo classico per acquistare un bene è quello di rivolgersi all’attuale proprietario, presentando un’offerta d’acquisto e intavolando una trattativa. Tuttavia, esistono altri modi per acquistare una cosa, che esulano dal contatto diretto con il proprietario della stessa. Grazie all’usucapione hai, infatti, la possibilità di diventare il proprietario di un bene, senza pagare il valore commerciale dello stesso, ma solo utilizzandolo per diverso tempo, atteggiandoti come se fosse tuo. Ma quando è possibile agire in giudizio per ottenere il riconoscimento dell’intervenuta usucapione? Quando il possesso del bene viene interrotto? Cosa non bisogna mai fare? In questo articolo spulceremo quest’istituto particolare, analizzando l’importanza del possesso, per poi studiare una pronuncia interessante della Cassazione, intervenuta sulla vicenda riguardante un terreno: quando si perde l’usucapione?



L’istituto dell’usucapione

Si tratta di un modo in cui si può acquistare la proprietà di un bene senza passare dal consenso del precedente proprietario, ma tramite il possesso prolungato della cosa. L’acquisto per usucapione può intervenire sia sui beni mobili, che su beni immobili (fabbricati, o terreni).


La ragione della creazione di questo istituto sta nel fatto che il legislatore ha deciso di premiare chi, a cospetto del reale proprietario, si è occupato per anni di una determinata cosa, atteggiandosi come il reale proprietario.


Per ottenere la certificazione dell’usucapione non basta, però, rivendicarne il diritto al reale proprietario, ma occorre ottenere una sentenza giudiziale che attesti, provedocumentali e testimoniali alla mano, quel possesso prolungato del bene rivendicato.


L’importanza del possesso

Il requisito legalmente richiesto ai fini dell’usucapione ordinaria di diritti reali su beni immobili è dato dal loro possesso, che deve ulteriormente rivestire i requisiti della continuità, della non interruzione, della pacificità, nonché della pubblicità.


Pertanto, perché il possesso sia utile per l’usucapione è sufficiente che sia stato acquistato ed esercitato pubblicamente, in modo visibile e non occulto, così da palesare l’animo del possessore di volere assoggettare la cosa al proprio potere, come il legittimo proprietario.


Ad esempio, elementi utili a dimostrare il possesso di un appartamento necessario all’usucapione sono:

  • l’aver curato la manutenzione del bene continuativamente e senza l’intervento del proprietario,

  • disporre delle chiavi,

  • aver pagato le utenze domestiche,

  • aver eseguito i lavori di ristrutturazione.

Il possesso acquistato in modo violento, o clandestino, non giova per l’usucapione se non dal momento in cui la violenza o la clandestinità è cessata. Se, invece, la violenza o la clandestinità si verificano durante il possesso, allora non incideranno sull’inizio del termine per usucapire [1].


Il possesso non può attuarsi neanche quando il proprietario originario permetta tale condotta per mera tolleranza, essendo quest’ultima configurabile, di regola, nei casi di transitorietà ed occasionalità. Stesso discorso va, ovviamente, fatto per i casi in cui il possesso (inteso nel suo concetto più ampio) è collegato ad un accordo tra le parti, come la presenza di un contratto di comodato, o di locazione.


Il reale proprietario ha la possibilità di interrompere il possesso utile all’usucapione del bene, ma per fare ciò deve privare il possessore della cosa per oltre un anno.


La durata del possesso

La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni.


Stesso discorso va fatto per l’usucapione di beni mobili, o di diritti reali di godimento sopra i medesimi. Mentre, qualora l’acquisto sia stato effettuato in buona fede, occorrerà il possesso continuato per un tempo ridotto di dieci anni.


Al termine ventennale vengono previste altre eccezioni. Ad esempio, colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario un immobile, in forza di un titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che sia stato debitamente trascritto, ne compie l’usucapione in suo favore col decorso di dieci anni dalla data della trascrizione.


Inoltre, sarà richiesto il possesso per quindici anni, in caso di fondi rustici con annessi fabbricati situati in comuni classificati montani dalla legge. Se l’acquisto avviene in buona fede, in forza di un titolo che sia idoneo al trasferimento della proprietà e che sia debitamente trascritto, l’usucapione si compirà col decorso di cinque anni dalla data di trascrizione.


Mentre, per le automobili acquisite in forza di un titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che sia stato debitamente trascritto, ne compie in suo favore l’usucapione col decorso di tre anni dalla data della trascrizione; in mancanza, occorreranno dieci anni.


Il termine per l’’usucapione non decorre in caso di impedimento derivante da condizione o da termine, né per le cause di sospensione. Ad esempio, il termine per usucapire non decorrerà dall’eventuale stipula di un contratto preliminare, poi mai stipulato, visto che quel contratto rappresenta una condizione sospensiva, collegata alla stipula di un contratto definitivo, che trasforma il possesso in detenzione qualificata, non utile ai fini dell’usucapione.


Riconoscimento del proprietario. Si perde l’usucapione?

Ma cosa succede se, pur rivendicando l’acquisizione di un immobile, quale un terreno, per usucapione, si riconosce il titolare effettivo della proprietà? Questa azione viene riconosciuta come una ammissione di consapevolezza, capace di interrompere il possesso utile all’usucapione?


Sul punto, è intervenuta la Cassazione [2] la quale ha stabilito che tale riconoscimento interrompe il possesso per usucapione, operando come una sorta di confessionedell’interessato.


Il tutto traeva origine dalla controversia insorta tra il proprietario di un terreno e il possessore, che rivendicava, a sua volta, di aver acquisito l’immobile per intervenuta usucapione.


La Cassazione, nel confermare quanto già avevano sentenziato i giudici dei primi due gradi, rileva come, nella vicenda, il soggetto che rivendicava l’intervenuta usucapione avesse riconosciuto la sua controparte come proprietaria dell’intera area oggetto della pretesa. Ebbene, tale dichiarazione non può passare inosservata dal punto di vista legale, costituendo a tutti gli effetti una confessione, utile ad interrompere il rapporto possessorio con la cosa rivendicata.


Non importa se, com’era avvenuto, il possessore non proprietario abbia dimostrato l’occupazione del terreno, la sua manutenzione e la coltivazione del fondo, il godimento di contributi statali riferiti alla specifica porzione, l’assenza di ingerenze o rivendicazioni altrui.


Per i giudici di legittimità questo non sarebbe sufficiente, se rapportato al riconoscimento della proprietà; infatti, anche se il possesso è compatibile con la conoscenza dell’altrui diritto, non può sostanziarsi in un riconoscimento che esprima la volontà non equivoca di attribuire il diritto di proprietà al suo titolare, poiché il possesso utile ad usucapire implica pur sempre l’intenzione di comportarsi come proprietario.


 

Note

[1] Cass. civ, sez. II, n. 26633/2019 del 18.10.2019

[2] Cass. civ, sez. VI, n. 10620/2020 del 04.06.2020

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