La società , di cui io oggi ne sono il Liquidatore, aveva sottoscritto un mutuo a tasso fisso. A causa della messa in liquidazione ho dovuto rinegoziare il mutuo. Dopo aver firmato il contratto, il funzionario mi riferisce che è stata applicata una piccola modifica: da tasso fisso a tasso variabile. Questo sta provocando un aumento progressivo della rata. Come tutelarmi?
Da quanto leggo, pare che la Banca si sia macchiata di una condotta illecita, ai limiti della cosiddetta truffa contrattuale.
E difatti, anche il silenzio serbato su alcune circostanze rilevanti sotto il profilo sinallagmatico da parte di colui che abbia il dovere di farle conoscere, integra certamente l’elemento soggettivo del raggiro, idoneo a determinare il soggetto passivo a prestare un consenso che altrimenti avrebbe negato (Tribunale Cassino, 19/07/2021, n. 546).
Nella truffa contrattuale l’elemento che imprime alla condotta di inadempimento una connotazione penalmente rilevante è costituito dal dolo iniziale, che, influendo sulla volontà negoziale di uno dei due contraenti – determinandolo alla stipulazione del contratto in virtù di artifici e raggiri e, quindi, falsandone il processo volitivo – rivela nel contratto la sua intima natura di finalità ingannatoria.
Ovviamente, in sede penale, occorrerebbe provare il dolo e, quindi, la volontà della Banca di indurre Lei alla stipulazione del contratto esclusivamente con l’intento di conseguire un ingiusto profitto con altrui danno di guisa che il contratto è soltanto un mezzo adottato dal soggetto agente per la concreta realizzazione del profitto; così, la successiva inadempienza non costituisce un mero illecito civile, bensì la fase conclusiva di un’azione criminosa e precisamente una truffa il cui momento consumativo coincide normalmente con il sorgere del rapporto contrattuale.
Ma, per quanto a Lei interessa, occorre valutare maggiormente l’aspetto civilistico della questione.
L’art.1427 del codice civile stabilisce che il contraente, il cui consenso fu dato per errore, può chiedere l’annullamento del contratto.
L’errore è causa di annullamento del contratto quando è essenziale ed è riconoscibile dall’altro contraente.
L’errore è essenziale:
quando cade sulla natura o sull’oggetto del contratto;
quando cade sull’identità dell’oggetto della prestazione, ovvero sopra una qualità dello stesso che, secondo il comune apprezzamento o in relazione alle circostanze, deve ritenersi determinante del consenso;
quando cade sull’identità, o sulle qualità della persona dell’altro contraente, sempre che l’una o le altre siano state determinanti del consenso;
quando, trattandosi di errore di diritto, è stato la ragione unica o principale del contratto.
Mentre, ai sensi dell’art.1431 del codice civile, l’errore si considera riconoscibile quando in relazione al contenuto, alle circostanze del contratto ovvero alla qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo.
La riconoscibilità dell’errore ad opera dell’altro contraente va, quindi, intesa come capacità di rilevazione dell’errore medesimo da parte di una persona di media diligenza, in relazione sia alle circostanze del contratto che alle qualità dei contraenti, essendo, peraltro, ad essa legittimamente assimilabile la concreta ed effettiva conoscenza dell’errore da parte dell’altro contraente, attesa la “ratio” della norma di cui all’art. 1431 c.c., volta a tutelare il solo affidamento incolpevole del destinatario della dichiarazione contrattuale viziata nel processo formativo che porta alla stipula dell’accordo (così Cass. civ., sez. III, ordinanza n.31078 del 28.11.2019).
Con specifico riguardo alla disciplina applicabile in tema di contratti di intermediazione finanziaria, vi sarebbe pure un’ulteriore normativa di protezione, posto che i contratti devono essere redatti per iscritto e un esemplare deve essere consegnato ai clienti; in mancanza, ci sarebbe. nullità per difetto di forma posta nell’interesse esclusivo del cliente.
Tanto premesso, in astratto, si potrebbe avviare l’azione legale per ottenere l’annullamento di quella parte di contratto contestata.
A tal proposito, però, occorrerebbe dimostrare che Lei è stata indotta in errore per via del funzionario della banca che ha celato quella modifica, facendo crederLe che il contratto contenesse i punti discussi verbalmente.
Infatti, in tema di obbligazioni e contratti, alla stregua degli art. 1427 e 1431 c.c., la parte che chiede l’annullamento del contratto per errore essenziale sulle qualità del bene ha l’onere di dedurre e provare, in caso di contestazione, i fatti dai quali tale qualità risulta, nonché l’essenzialità dell’errore e la sua riconoscibilità dalla controparte con l’uso dell’ordinaria diligenza (Tribunale Bari, 21/01/2015, n. 255).
Questa dimostrazione potrebbe esser data tramite prova testimoniale.
Infatti, seppur l’art.2721 c.c. stabilisca che la prova per testimoni dei contratti non è ammessa
quando il valore dell’oggetto eccede 2,58 euro, dall’altro si dice che l’autorità giudiziaria può consentire la prova oltre il limite anzidetto, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza.
Pertanto, se correttamente motivata, l’istanza di ammissione della prova testimoniale al giudice potrebbe essere ammessa; e in quel caso, si potrebbe chiedere la testimonianza di chi ha “contrattato” il documento con Lei, oltre che di altra persona che era presente al momento della stipula contrattuale e che possa dimostrare il fatto che quella clausola è stata illecitamente sottaciuta.
Prima di tutto ciò, però, si potrebbe fare un tentativo stragiudiziale.
In particolare, si potrebbe provare ad inviare, tramite legale, una diffida alla Banca dove spiegare tutto quanto sopra scritto e minacciare l’istituto di agire legalmente per aver sottaciuto quella clausola, invitando lo stesso istituto a stipulare una rettifica al contratto che possa rimuovere quanto non pattuito preliminarmente.
Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Salvatore Cirilla
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