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Immagine del redattoreSalvatore Cirilla

Pagamento stipendio in contanti: quali sanzioni si rischiano?

Quali sono le conseguenze per il datore di lavoro che retribuisce il dipendente con denaro liquido?


A fine mese arriva, solitamente, il momento più atteso per il lavoratore: il pagamento dello stipendio, frutto di tanto duro lavoro! Tuttavia, invece di ricevere il classico bonifico in banca, il datore di lavoro ci convoca e ci consegna in una busta l’ammontare che ci spetta in comode banconote. Può farlo? Vedremo in questo articolo se è ammissibile o meno nel nostro ordinamento il pagamento stipendio in contanti: quali sanzioni si rischiano?



Cos’è il libro unico del lavoratore?

Prima di addentrarci nella questione che più ci interessa, capiamo bene dove vengono registrati tutti i salari dei lavoratori e, in generale, le operazioni economiche effettuate con quest’ultimi.

La legge [1] stabilisce che il datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, debba formare e tenere un libro unico del lavoro nel quale iscrivere tutti i lavoratori.

Per ciascun lavoratore devono essere indicati il nome e cognome, il codice fiscale e, ove ricorrano, la qualifica e il livello, lo stipendio base, l’anzianità di servizio, nonché le relative posizioni assicurative.


Per quello che ci interessa in questa sede, il legislatore ha previsto che, nel libro unico del lavoro debba essere effettuata ogni annotazione relativa a dazioni in danaro o in natura corrisposte o gestite dal datore di lavoro, compresi le somme a titolo di rimborso spese, le trattenute a qualsiasi titolo effettuate, le detrazioni fiscali, i dati relativi agli assegni per il nucleo familiare, le prestazioni ricevute da enti e istituti previdenziali. Le somme erogate a titolo di premio o per prestazioni di lavoro straordinario devono essere indicate specificatamente.


La violazione dell’obbligo di istituzione e tenuta del libro unico del lavoro è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da cinquecento a duemilacinquecento euro.


Come si poteva pagare lo stipendio sino ad oggi?

Sino ad oggi, nessuna norma obbligava i datori di lavoro a tracciare i pagamenti degli stipendi dei lavoratori. E così, tutti gli emolumenti che confluivano nel cedolino paga e risultavano annotati nel libro unico del lavoro, potevano essere pagati con ogni mezzo, compreso il contante.


Ovviamente, questo – nel tempo – ha provocato la nascita di alcuni espedienti a danno dei lavoratori, i quali erano costretti a firmare il cedolino paga che indicava un importo ben preciso, così come risultante nel libro unico del lavoratore, per poi incassare in contanti una somma notevolmente minore. E così, il datore di lavoro – forte della sua posizione di vantaggio nei confronti del dipendente, costretto alle volte ad accettare tale situazione, per evitare un licenziamento (sotto forma di dimissioni firmate in bianco all’assunzione) – riusciva a detrarre più spese, a pagare meno tasse e ad esborsare meno denaro per i suoi dipendenti.


Cosa succede dal 1° luglio 2018?

A far data dal primo luglio 2018 i datori di lavoro saranno costretti a pagare gli stipendi dei propri dipendenti, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:

  1. bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;

  2. strumenti di pagamento elettronico;

  3. pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;

  4. emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato, quale il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni [2].

I datori di lavoro o committenti non potranno, quindi, corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato [3].


Pertanto, quest’obbligo di legge riguarderà dal primo luglio ogni rapporto di lavoro subordinato, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto, nonché ogni rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa e dai contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci.


Inoltre, a far data da luglio, non sarà più sufficiente la firma sul cedolino della busta paga, per dimostrare l’avvenuto pagamento della retribuzione mensile [4].

In questo modo, oltre ad evitare elusioni fiscali da parte dei datori di lavoro, si accerterà che la retribuzione corrisposta non sia inferiore ai minimi fissati dalla contrattazione collettiva.


Eccezioni al divieto di consegna contanti?

Non tutti dovranno sottostare, tuttavia, al divieto della consegna di denaro in contanti per il pagamento delle retribuzioni salariali.


La nuova normativa, infatti, non si applicherà ai rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni, né a quelli comunque rientranti nell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale [5]. Stessa eccezione è prevista per le borse di studio, i tirocini e i rapporti autonomi di natura occasionale.


Altra eccezione è prevista per la consegna di contanti finalizzata ad anticipi di cassa per fondo spese, rimborsi e altre somme corrisposte al lavoratore, diverse da quelle contrattuali.

Diversamente, dovranno essere tracciabili gli anticipi dello stipendio.


Come verranno espletati i controlli?

Per far sì che gli obblighi previsti da questa nuova norma siano attuati e che, pertanto, non vi sia un’elusione generalizzata da parte del datore di lavoro, la legge ha previsto che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della riforma, il Governo stipuli con le associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative a livello nazionale, con l’Associazione bancaria italiana e con le Poste Italiane una convenzione con la quale vengano individuati gli strumenti di comunicazione idonei a promuovere la conoscenza e la corretta attuazione dei nuovi obblighi normativi [6].


Quali sono le conseguenze del mancato rispetto del divieto?

Al datore di lavoro o committente che continui a pagare in contanti lo stipendio del proprio dipendente, o che non rispetti gli altri vincoli posti dalla riforma, verrà applicata una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da mille euro a cinquemila euro. Una cifra ben inferiore a quella inizialmente prevista in fase di progettazione di questo nuovo obbligo, pari ad un minimo di cinque mila euro e ad un massimo di cinquantamila euro.


Le sanzioni al datore scatteranno anche se il bonifico è poi revocato, o l’assegno annullato prima dell’incasso.


Come si può contestare la sanzione?

Se il datore di lavoro riceve la sanzione amministrativa prevista per il divieto in oggetto, e ne vuole contestare il contenuto, avrà tempo trenta giorni per presentare il ricorso amministrativo all’ispettorato del lavoro contro il verbale di contestazione. I trenta giorni decorrono dalla ricezione della notifica del verbale.


Nello stesso arco di tempo, il destinatario delle sanzioni potrà presentare degli scritti difensivi.


Note

[1] Art. 26, co. 2, DPR 633/72

[2] Art. 1, co. 910, Legge di Bilancio 2018

[3] Art. 1, co. 911, Legge di Bilancio 2018

[4] Art. 1, co. 912, Legge di Bilancio 2018

[5] Art. 1, co. 913, Legge di Bilancio 2018

[6] Art. 1, co. 914, Legge di Bilancio 2018

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