È possibile prevedere dei divieti all’interno del regolamento condominiale? Esistono dei vincoli previsti dalla legge?
Chi per far contento i figli, chi per amore spropositato verso la specie, chi per volontariato: oramai, tutti in casa posseggono un cane, un gatto o un altro animale domestico. Mentre chi è più fortunato (economicamente) ha la possibilità di comprare una cuccia e tenere il proprio animale in giardino, non sono pochi i padroni che hanno casa in condominio e che sono, quindi, costretti a tenere i propri animali dentro. Alle volte, non puoi tenere a bada l’abbaiare del tuo cane e, per chi non ha un animale domestico, questo rumore può diventare davvero fastidioso. E così, i tuoi vicini si sono lamentati per la presenza dell’animale, all’interno del condominio e ti stai chiedendo se il regolamento condominiale può vietare la presenza del tuo caro amico animale. In questo articolo, potrai scoprire cosa dice la legge nel caso di animali in condominio, ponendo fine alla preoccupazione che ti assale: è possibile tenere il tuo amato cane in appartamento? O sei costretto a trovargli una nuova casa?
Animali domestici
Prima di affrontare la questione degli animali in condominio, dobbiamo capire cosa si intende per animali domestici.
Questa categoria di animali, definita anche come animali da compagnia, riguarda quella specie animale capace di trasmettere affezione all’essere umano. Da questa categoria, si distinguono gli animali da reddito, quali la mucca o la pecora, capaci di produrre un determinato bene e, quindi, un determinato guadagno per l’essere umano (latte e lana).
Tra gli animali domestici più diffusi, ci sono sicuramente il cane ed il gatto, ma – nel tempo – si sono aggiunte ulteriori specie che, per quanto possano sembrare di difficile affezione, si sono ritagliate uno spazio tra gli animali di compagnia: conigli, tartarughe e, perfino, serpenti.
Divieto di animali domestici
La presenza di animali domestici in condominio è sempre stata oggetto di litigi: i rumori, i cattivi odori, la sporcizia sono solo alcuni dei fattori che spingono il condomino di turno a lamentarne la presenza.
Tuttavia, la crescita vertiginosa di animali domestici in casa, unita alla maggior tutela che, negli anni, è stata approntata in favore della loro protezione, e contro il loro abbandono, ha spinto il legislatore, nell’anno 2012, ad inserire una norma che ha reso felici animalisti e, in genere, tutti gli amanti degli animali: il divieto assoluto per i regolamenti condominiali di prevedere ostacoli al possesso di animali domestici in casa [1].
Questo divieto deve ritenersi applicabile indipendentemente ai regolamenti di natura contrattuale, ovvero assembleare, a prescindere dal fatto che, al momento dell’entrata in vigore della legge, erano già in essere. Conseguentemente, qualsiasi animale – considerato domestico – non potrà essere oggetto di sfratto da parte di una delibera assembleare, né di un regolamento condominiale.
Presenza di animali molesti
Eppure, la norma che ha previsto il divieto per il regolamento condominiale di possedere animali domestici nelle singole unità abitative non ha un valore assoluto, non potendo limitare il diritto di proprietà dei condomini.
Questo significa che, se l’animale dovesse arrecare molestia o disturbo agli altri condomini, superando la normale tollerabilità richiesta dalla legge, senza che possa individuarsi alcuna soluzione positiva per il quieto vivere, allora potrebbe essere destinatario di un ordine di sgombero, a tutela della proprietà degli altri condomini.
Infatti, il giudice potrebbe ordinare l’allontanamento di animali molesti dal condominio, con divieto di ritorno nell’edificio condominiale; tuttavia, oggi, alla luce delle mutate esigenze sociali, l’intenzione è sempre quella di trovare una soluzione bonaria, che rispetti i condomini e l’animale.
Cosa fare se il regolamento prevede un divieto?
Se un condomino ha iniziato a recriminare la presenza del tuo animale all’interno del condominio, facendo forza su una disposizione del regolamento condominiale, non preoccuparti. Alla luce di quanto fin qui letto, tu e il tuo amico fidato potrete dormire sonni tranquilli.
Se dopo che avrai spiegato le tue ragioni, il condomino e, in generale, l’assemblea condominiale non vuole risolvere la questione pacificamente, magari ponendo nel nulla quella disposizione regolamentare illegittima, allora non ti resta che agire in giudizio, davanti al tribunale competente, per far dichiarare la violazione di legge presente all’interno del regolamento.
Ti occorrerà un avvocato che, per la questione, prepari un atto di citazione da notificare al condominio, con il quale contestare la parte del regolamento che dispone il divieto di tenere animali domestici in casa. Senza necessità di altri elementi, potrai mettere il giudice nella condizione di pronunciarsi in tuo favore e, così, evitare che i condomini possano recriminare la presenza del tuo animale nell’edificio.
Disturbo animali in condominio
Se si prova che l’animale è molesto se ne può chiedere l’allontanamento al giudice, se del caso con richiesta di provvedimento d’urgenza, con divieto assoluto di ritorno nell’edificio condominiale (Trib. Napoli 8/3/1994). Questo stesso Tribunale (sentenza del 25/10/1990) ha stabilito che l’esecuzione del provvedimento può essere affidata ai Carabinieri o agli agenti della Polizia di Stato, mentre il TAR della Campania (sentenza n, 16477 del 14/10/2005) ha decretato che il Sindaco può, per ragioni igienico-sanitarie, ordinare in via d’urgenza l’allontanamento dall’edificio di un cane detenuto in condizioni accertate come inidonee dal competente ufficio sanitario. I disturbi che deve accertare il giudice sono, per esempio, i latrati, gli strepiti, la sporcizia, il pericolo di aggressioni (Trib. Napoli, 25/10/1990). Per la Corte di Cassazione (sentenza n. 3348 del 28/3/1995), miagolii, latrati e rumori vari, anche se notturni, devono disturbare un numero rilevante di persone, non solo chi ha presentato il ricorso al giudice; con una successiva decisione (n. 36241 dell’8/7/2004), pronunciata con riferimento ai latrati di cani, la stessa Corte di Cassazione ha però stabilito che ciò che rileva ai fini del reato non è il disturbo effettivo a una pluralità di persone ma la potenzialità diffusiva della fonte rumorosa, al di là, quindi, del numero di persone che risultino concretamente disturbate dai rumori molesti.
Divieti animali in condominio
Non si possono tenere in casa animali di cui la normativa non consente il possesso. La L. 7/2/1992, n. 150, più volte modificata, vieta la detenzione degli esemplari di mammiferi e rettili selvatici o provenienti da riproduzioni in cattività che, in particolari condizioni ambientali o comportamentali, possono avere effetti mortali o invalidanti per l’uomo. Vietati anche gli animali che, se non sottoposti a controlli sanitari o a trattamenti di prevenzione, possono trasmettere malattie infettive all’uomo. Fra questi, elencati nel decreto del Ministro per l’Ambiente 19/4/1996, modificato con D.M. 26/4/2001, rientrano scimmie, topi, leoni, tigri, pantere, vipere.
Chi contravviene al divieto incorre nell’arresto da tre mesi a un anno o nell’ammenda da 7.747 a 103.291 euro. Si può ottenere l’autorizzazione prefettizia alla detenzione di questi animali pericolosi, purché in possesso di idonee strutture di custodia.
Gli animali non possono essere lasciati liberi in cortile, né abbandonati per lungo tempo sul balcone. In questi casi, infatti si può configurare, nelle ipotesi più gravi, l’illecito amministrativo di omessa custodia e malgoverno di animali o il reato di maltrattamento di animali.
Vietato anche attirare sul proprio balcone animali (per es. piccioni) con mangime o altri espedienti, con la conseguenza di farvi prendere stabile dimora, pena il risarcimento degli eventuali danni.
Cos’è un condominio?
Con il termine condominio si intende indicare la comproprietà su alcune parti di un edificio esistente tra singoli proprietari di appartamenti presenti all’interno del fabbricato.
Esempi di parti comuni di un edificio sono le scale,l’ascensore, l’atrio, il suolo dove sorge l’edificio e tutte le altre parti che sono funzionali, anche se in misura diversa, ai singoli proprietari delle unità immobiliari presenti nello stabile.
Al fine di regolare le questioni riguardanti l’utilizzo delle parti in comune, è necessario adottare un regolamento condominiale e stabilire il rapporto tra il valore dell’intero edificio e il valore della singola unità immobiliare, anche al fine di stabilire quanto un singolo condomino possa influire, rispetto ad un altro, nelle decisioni prese dall’assemblea condominiale.
Organo fondamentale, perché di governo e di rappresentanza nei confronti di terzi, è l’amministratore di condominio, chiamato ad eseguire le delibere, a rappresentare il condominio nei giudizi, a riscuotere i crediti, a tenere la contabilità e a mantenere un certo ordine all’interno della vita condominiale.
A cosa serve il regolamento condominiale?
Questo documento serve a disciplinare tutti i diritti e i doveri posti in capo ai condomini per l’uso delle parti comuni dell’edificio, presso cui sono presenti gli appartamenti di loro proprietà: utilizzo di ascensori e scale, ripartizione delle utenze domestiche, divieti di condotta e, in generale, tutte le questioni che, se regolamentate, possono impedire l’insorgere di eventuali controversie legali.
Il documento deve contenere le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione [1].
Questo regolamento è molto importante se solo si pensi che, spesso, l’inciviltà regna sovrana tra i condomini e la presenza di parti in comune provoca l’errata convinzione che ognuno possa fare quel che vuole, senza rispettare l’altro contitolare. Proprio per rispettare un buono stato di conservazione e manutenzione delle parti comuni, è sempre consigliabile, anche quando non è previsto dalla legge come obbligatorio, adottare un regolamento.
Una volta approvato, il regolamento condominiale avrà gli stessi effetti della legge e, quindi, non potrai violarne il contenuto. In questo caso, infatti, rischieresti un procedimento legale da parte del condominio, in persona dell’amministratore, o del singolo condomino danneggiato.
Come si costituisce il regolamento condominiale?
Ciascun condomino può prendere l’iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente.
Il regolamento può essere costituito in tre diversi modi:
attraverso la delibera assembleare, i cui voti rappresentino la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio;
attraverso l’adozione di un documento, solitamente formato dal costruttore dell’edificio, ad opera di tutti i proprietari originari dei singoli appartamenti;
attraverso l’autorità giudiziaria.
In ogni caso, le norme del regolamento non possono, in alcun modo, menomare i diritti di ciascun condomino, che risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni del Codice civile stabilite in tema di condominio. La violazione può essere constatata dal condomino leso dalla normativa regolamentare illegittima attraverso l’amministratore di condominio o attraverso il ricorso al giudice.
Quando è obbligatorio il regolamento condominiale?
Come avrai avuto modo di leggere, il regolamento è molto utile per il quieto vivere di tutti i condomini, ma la sua formazione non è sempre obbligata.
Sul punto, il legislatore ha stabilito un numero limite, pari a dieci condomini, sotto il quale il condominio può non dotarsi di un regolamento e gestire le proprie faccende attraverso consuetudini o tramite l’approvazione di una delibera dedicata, di volta in volta. Si presume, infatti, che pochi condomini riescano più facilmente a trovare una soluzione alle problematiche, senza necessità di essere disciplinati da un documento.
Quando, invece, il numero dei condomini è superiore a dieci, l’adozione del regolamento condominiale diventa obbligatoria. In questo modo, il legislatore si sostituisce all’eventuale inerzia dei condomini, così evitando il proliferare di controversie legali tra inquilini dello stesso edificio.
Note
[1] Art. 1138 cod. civ.
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