Si può definire economicamente l’importanza dell’immagine di un’impresa? Esiste una tutela legislativa e giurisprudenziale?
Mettere in piedi un’azienda solida, al giorno d’oggi, è un’impresa titanica: la crisi economica, la pandemia, il mercato saturo sono solo alcuni degli ostacoli che affronta un imprenditore novello. Solo anni di crescita continua nel mercato possono dare sicurezza ai consumatori e, in genere, a tutta la collettività circa la qualità del prodotto, o del servizio offerto dall’azienda. Questa solidità temporale comporta anche una proporzionale crescita della reputazione che l’azienda si crea nella comunità e tra gli addetti ai lavori; la reputazione è, quindi, un elemento fondamentale per l’impresa che si va a posizionare nel mercato di riferimento.
In questo articolo, analizzeremo i concetti di crescita imprenditoriale per poi soffermarci sull’evento negativo del danno alla reputazione aziendale. Chi può causarlo? Come difendersi? Come quantificare l’ammontare del danno? Risponderemo a tutti questi quesiti, al fine di chiarire i comportamenti da tenere in questi casi.
Indice
Cos’è la reputazione aziendale?
Per reputazione aziendale, si intende la considerazione che la collettività di persone ha di un’organizzazione aziendale all’interno del mercato al consumo.
L’importanza della reputazione aziendale è data dal fatto che essa assume un valore economico fondamentale per l’impresa stessa, in quanto correlata alle performances produttive della stessa.
Avendo una connotazione prettamente economica, la reputazione aziendale è destinata a variare nel tempo, a seconda del progresso dell’impresa interessata all’interno del mercato, della cultura sociale e del sentire comune.
In caso di crisi economica, un’azienda con un’ottima reputazione aziendale è di certo considerata più attendibile dai consumatori, oltre che dagli investitori finanziari. È per questo che il concetto di reputazione è molto importante all’interno di un’organizzazione aziendale: per assumere importanza servono anni, per perdere rilevanza basterebbero pochi minuti.
Quando può essere danneggiata la reputazione?
La configurabilità di una lesione alla reputazione di un’azienda deriva dalla diminuzione della considerazione da parte dei consociati, di settori o categorie con cui l’azienda interagisce, quando l’atto lesivo che determina la lesione sulla reputazione sia immediatamente percepibile dalla collettività, o da terzi [1].
Tuttavia, non tutti i casi di lesione della reputazione aziendale possono essere perseguiti legalmente. Infatti, l’autore della lesione può essere tutelato dall’esimente prevista dal diritto di critica, che è un diritto costituzionalmente garantito.
Il diritto di critica deve, però, essere esercitato in una forma espositiva corretta, non offensiva, e strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione a cui è destinata.
Una volta superati questi limiti, con l’attribuzione all’impresa, o ai suoi rappresentanti, di qualità apertamente disonorevoli, di riferimenti volgari e infamanti e di deformazioni tali da suscitare il disprezzo della comunità, allora il comportamento dell’autore di tali offese può costituire una lesione della reputazione aziendale non giustificata e, conseguentemente, può comportare una responsabilità civile (risarcimento danni) e penale (reato di diffamazione).
Chi può danneggiare la reputazione?
Il caso classico di lesione della reputazione aziendale riguarda il dipendente dell’impresa che denuncia una determinata situazione che, per natura, è percepita come negativa per la collettività.
L’incidenza della denuncia del lavoratore si aggrava quando lo stesso agisce con funzioni di rappresentanza sindacale all’interno dell’azienda, in quanto questa sua carica provoca un’eco, all’interno del mercato e della collettività, molto più rilevante.
Un’altra categoria che può minare l’integrità aziendale è quella del consumatore che, riunitosi in un comitato, denuncia la scarsa qualità dei prodotti, o dei servizi, realizzati dall’azienda stessa.
Stesso discorso va fatto per i giornalisti, o per i programmi televisivi che espongono ad un pubblico più o meno ampio dubbi, corroborati da test analitici, sull’efficacia di un determinato prodotto aziendale. Qualche anno fa, ad esempio, un programma televisivo aveva sostenuto l’inferiorità di una determinata casa automobilistica rispetto ad una sua concorrente, utilizzando un test preso da Internet [2].
Come tutelarsi?
La prima cosa da fare in caso di lesione della reputazione aziendale è recarsi dal proprio legale di fiducia, raccontando nel dettaglio i fatti nella loro evoluzione storica. Il tuo avvocato saprà sicuramente consigliare la migliore azione possibile.
Solitamente, il primo passo è quello di inviare una diffida, intimando all’autore della lesione l’inibizione di qualsiasi condotta lesiva della reputazione aziendale, con riserva di azione per ottenere un eventuale risarcimento dei danni patiti.
Se la lettera non dovesse avere effetto, allora saresti costretto ad agire in giudizio e ottenere una sentenza da parte di un giudice che attesti le tue ragioni e inibisca ulteriormente questi comportamenti.
Come si quantifica il danno?
Una volta provato il danno, ed esclusa l’esimente del diritto di critica, l’azienda, nella persona del suo rappresentante legale, dovrà quantificare l’importo del danno subito.
Preliminarmente, sarà necessario accertare che la lesione della reputazione aziendale abbia causato una perdita patrimoniale, altrimenti il risarcimento mancherà di oggetto. In particolare, è necessario provare la gravità della lesione e la non futilità del danno.
Una volta constatata l’entità del danno, occorrerà quantificare l’importo, la cui valutazione è rimessa al giudice, in quanto il danno all’immagine è di natura non patrimoniale, non essendo suscettibile di valutazione economica.
Davanti al giudice civile, occorrerà fare riferimento a parametri presuntivi di commisurazione, quali le spese per il ripristino dell’immagine perduta. Questo criterio consiste nella valutazione della diminuzione del bene-immagine in quanto tale (prestigio, reputazione, autorevolezzadell’azienda), che è l’elemento fondante del patrimonio aziendale.
Note
[1] Cassazione civile, sez. I, 05/11/2014, n. 23624
[2] Tribunale Torino, sez. IV, 20/02/2012
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