In che modo tutelarsi per i danni subiti dalla responsabilità del medico operante?
Sono giorni difficili per medici e pazienti e, di certo, nessuno vuole speculare sulla difficile situazione sanitaria vissuta sino ad oggi a causa del Covid-19. I nostri operatori sanitari, nel rispetto rigoroso del loro giuramento, hanno assistito un numero incredibile di pazienti, senza mai riposare o senza le attrezzature adatte, questo non si deve mai dimenticare.
Tuttavia, come in qualsiasi categoria professionale e lavorativa, c’è sempre qualche medico che si contraddistingue per la poca professionalità o per negligenza e imperizia, anche mettendo a rischio tutto l’onore e il rispetto che la popolazione nutre nei confronti della categoria medica.
È anche ovvio che quando un medico sbaglia, quello che ci va di mezzo, in prima persona, è il paziente, con il proprio corpo e la propria salute. Pertanto, in questi casi, è giusto potersi tutelare legalmente. Se hai subito un intervento andato male e vuoi conoscere i tuoi diritti legali e, quindi, capire come fare causa al chirurgo, non ti resta che leggere questo articolo.
Chi può fare causa al chirurgo?
Responsabilità solidale con l’ospedale
Prova del danno
Quantificazione del danno
Chi può fare causa al chirurgo?
Legittimato ad agire legalmente contro il chirurgo è senza dubbio il paziente che ha ricevuto le cure mediche e che, conseguentemente, ha subito un danno dalla negligenza, imprudenza o imperizia del medico il quale, invece di sanare la patologia, ne ha complicato il decorso.
Nei casi in cui l’opera del chirurgo comporti la morte del paziente, la legittimazione a fare causa viene trasferita ai parenti del deceduto, che potranno ottenere ristoro per la scomparsa del proprio caro. Infatti, la morte di un prossimo congiunto può causare nei familiari superstiti oltre al danno parentale, consistente nella perdita del rapporto e nella correlata sofferenza, anche un danno biologico vero e proprio, in presenza di un’effettiva compromissione dello stato di salute fisica o psichica di chi lo invoca [1]. In questo caso, i parenti dovranno provare le circostanze idonee a ritenere che la morte del famigliare abbia comportato la perdita di un effettivo e valido sostegno morale.
L’azione legale dovrà essere avviata da un avvocato, meglio se specializzato nel settore della responsabilità medica: questi ti rappresenterà i rischi di una causa, le probabilità di vittoria, i costipreventivati e tutte le altre informazioni utili a rendere la scelta legale consapevole e opportuna.
Prima di qualsiasi atto giudiziale, è buona norma agire con una lettera stragiudiziale, con la quale si anticipa al medico colpevole la volontà di avviare un giudizio per ottenere il risarcimento del danno patito. In questo modo, ci sarà anche la possibilità di verificare se il chirurgo voglia o meno risolvere la questione preventivamente, senza dover necessariamente subire una causa.
Ricorda, inoltre, che tutti i medici – in qualità di professionisti – hanno l’obbligo di stipula di un’assicurazione professionale. Così, in caso di esito vittorioso della causa, potrai essere risarcito direttamente dalla compagnia assicuratrice.
Responsabilità solidale con l’ospedale
La tutela riconosciuta al paziente viene ancor più ampliata dalla possibilità di agire anche contro la struttura ospedaliera che ha ospitato l’intervento chirurgico. Con tale termine viene inteso non solo l’ospedale, ma anche le altre strutture ad esso equiparate, come le case di cura, o le cliniche.
Come accade in un classico rapporto commerciale, una volta deciso l’intervento, o la cura da ricevere presso una determinata struttura e con uno specifico medico, il paziente stipula con questi un vero e proprio contratto, avente come oggetto il ricevimento di cure mediche. È proprio grazie a questo contratto che il paziente ha riconosciuto il diritto di agire, indistintamente, sia nei confronti dell’ospedale, che del medico che lo ha curato in modo errato.
La responsabilità ospedaliera può riguardare non solo l’operato del medico chirurgo che opera presso la stessa, ma anche l’inidoneità della stessa a garantire la salute dei pazienti, a causa di una mancanza di servizi sanitari adeguati, o di strumenti e apparecchiature sanitarie o, ancora, di una non sufficiente sistemazione dei locali.
Prova del danno
Arrivando alla questione più difficile da affrontare per il paziente all’interno del giudizio, vediamo quali sono gli elementi che un tribunale richiede di provare, prima di riconoscere il diritto ad avere un risarcimento del danno.
Il primo elemento, direi fondamentale, è la lesione subita: senza danno, non è possibile avanzare alcuna richiesta. Segue l’accordocon il medico e la struttura ospedaliera, la quale fa sorgere l’obbligazione professionale del chirurgo di agire per il bene del paziente.
Altro elemento essenziale è la prova dell’errore medico, o dell’omissione della struttura ospedaliera. Se non dimostri l’errore del chirurgo, non potrai mai sperare di ottenere una condanna al risarcimento del danno. La prova passa necessariamente da due fasi:
una consulenza di parte, di un medico-legale di fiducia, che possa giustificare l’azione legale, attraverso dei ragionamenti tecnico-scientifici finalizzati a provare l’errore del chirurgo;
una consulenza acquisita dal giudice, direttamente in giudizio, di un medico imparziale, che confermi quanto sostenuto dal tuo medico di fiducia e, quindi, comprovi l’errore.
Infine, occorrerà dimostrare che quell’errore medico sia strettamente collegato all’evento danno, inteso come l’aggravamento della situazione patologica, o un’insorgenza di nuove patologie. Al medico e alla struttura è, invece, riservato l’onere di dimostrare che non vi è stata condotta colposa e che l’evento danno non sia collegato all’operazione, o alla degenza, ma sia derivato da cause estranee alla sua condotta che hanno reso inevitabile il fatto dannoso.
Quantificazione del danno
Una volta superato l’ostacolo più difficile, arriva la parte più piacevole del giudizio: quella della quantificazione del risarcimento del danno che ti spetta.
In questi casi, il ristoro economico è liquidato sia sotto l’aspetto patrimoniale, che sotto l’aspetto non patrimoniale. Dal punto di vista patrimoniale, saranno rimborsate tutte le spese mediche sostenute a causa dell’operato del chirurgo, riconosciuto responsabile del danno.
Dal punto di vista non patrimoniale, sarà valutata l’invalidità permanente residuata dall’evento, e il danno morale ed esistenziale alla tua persona. Qui, la liquidazione del danno non è specifica, come accade per il rimborso spese mediche, vista la natura non economica delle sofferenze patite. Così, il medico-legale chiamato a individuare la percentuale di invalidità residuata e i danni psichici alla persona, si affiderà a delle tabelle formate dai tribunali stessi (le più famose, le tabelle milanesi) le quali hanno la straordinaria capacità di trasformare il danno morale e invalidante patito in valore monetario.
Certo, la liquidazione del danno può oscillare tra un minimo e un massimo, a seconda del tipo di valutazione effettuata, delle prospettive di vita, dell’età del paziente al momento del danno e di altre variabili; è per questi motivi che, se il tuo legale dovesse considerare la liquidazione non sufficiente, potrai con l’aiuto di un tuo consulente di parte dimostrare l’errore in cui è incappato il consulente d’ufficio.
Una volta definita la relazione del medico, anche a seguito delle tue osservazioni, non resterà che attendere la sentenza del giudice che ripercorrerà, con ogni probabilità, gli esiti a cui è arrivato il consulente nominato dal tribunale in corso di causa, avendo quest’ultimo le conoscenze tecniche (di cui è privo il giudice) utili a formare una sentenza che più possa avvicinarsi al concetto di giustizia tra le parti.
Note
[1] Cass. civ., sez. III, n.16909/2019 del 25.06.2019
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