È possibile utilizzare un atto di liberalità come strumento per evitare l’azione esecutiva da parte del creditore?
Al giorno d’oggi è sempre più difficile vivere senza maturare qualche debito, più o meno piccolo. C’è chi più fortunato (o più tenace) riesce ad estinguere la propria posizione debitoria, se non con qualche difficoltà, e chi invece proprio non riesce a rialzarsi, subendo l’incombenza degli interessi che, man mano, diventano sempre più cospicui e rendono l’estinzione del debito un’utopia. Presi dal panico, al fine di evitare di perdere quello che, con sudore e sacrificio, si è costruito negli anni, si cerca qualsiasi soluzione, legittima o meno, senza pensare alle conseguenze che possono derivare da tali azioni. La soluzione più facile da intraprendere rimane quella di regalare, fittiziamente, i beni di proprietà ad un familiare, o ad un amico fidato, al fine di metterli in salvo dall’attacco del creditore, che di lì a poco avanzerà le proprie pretese, con un’azione coercitiva. Dopo aver analizzato brevemente gli istituti in commento, vedrai se è possibile la donazione per evitare pignoramento e così capire a quale conseguenza giuridica andrai incontro.
Cos’è la donazione e di quali requisiti necessita?
La donazione è un contratto con il quale una parte, definita donante, trasferisce ad un’altra parte, detta donataria, un determinato bene, mobile o immobile, senza ricevere nulla in cambio, per mero spirito di liberalità.
La caratteristica che la contraddistingue dagli altri tipi di contratto è, quindi, la mancanza di corrispettivo, quale funzione di pagamento per la ricezione di quel bene: l’unico intento del donante è quello di arricchire il patrimonio del donatario.
Per far sì che la donazione sia giuridicamente valida ed efficace occorrerà che:
il donante abbia la capacità di donare; non deve, pertanto, essere un minore, un interdetto, un inabilitato o un incapace;
la scelta del bene da donare sia effettuata esclusivamente dal donante, poiché è fondamentale la volontà di questi, libera da qualsiasi tipo di costrizione;
il bene donato non sia un bene non esistente e, quindi, un bene futuro, né è ammessa la donazione di un bene di altre persone;
il contratto sia redatto con atto pubblico, a meno che la donazione non sia di modico valore.
È possibile evitare l’azione esecutiva con un atto di donazione?
Succede alle volte che questo contratto non venga utilizzato con l’intento di arricchire il patrimonio di un’altra persona, bensì con la volontà di sottrarre i propri beni ai creditori che, diversamente, potrebbero agire con una procedura esecutiva per ottenere la soddisfazione del proprio credito.
Con tale atto di disposizione a titolo gratuito si verifica, infatti, una diminuzione del patrimonio del debitore che riduce significativamente la possibilità del creditore di ottenere la soddisfazione coattiva del credito vantato attraverso l’esercizio dell’azione esecutiva.
Questa condotta non è consentita dal nostro ordinamento che, a tutela del creditore, prevede uno strumento atto a rendere nullo quel contratto, realizzato con la piena consapevolezza di ledere il creditore: l’azione revocatoria.
Proprio su tale punto, la stretta parentela tra gli stipulanti, la contiguità temporale dell’atto di donazione rispetto alla notifica al donante di un’intimazione di pagamento da parte del creditore consente di ravvisare la presunzione di una volontà di frodare il creditore, presunzione necessaria per l’accoglimento dell’eventuale azione revocatoria [1].
Cosa succede se effettuo la donazione di un bene in pendenza di un pignoramento?
In alcuni casi quest’atto posto a danno del creditore non interviene in una fase primordiale, quando ancora il creditore non si è attivato per formare il titolo esecutivo ed agire coercitivamente, ma in una fase già avanzata, dove l’intento del debitore di sottrarre il bene alle ragioni del creditore è obiettivamente inequivocabile, poiché quest’ultimo ha già ottenuto un titolo esecutivo, ed è in procinto di eseguire lo stesso.
Qui dobbiamo distinguere due situazioni: il caso in cui il pignoramento sia stato già notificato al debitore e trascritto presso i pubblici registri, e il caso in cui queste attività non siano state ancora espletate.
Nel primo caso, la donazione non avrà alcuna efficacia, poiché il pignoramento è stato già pubblicizzato nei confronti dei terzi e, quindi, una volta davanti al Pubblico Ufficiale per il rogito del contratto, questi ti comunicherà che il passaggio di proprietà non avrà alcuna efficacia, essendo stato trascritto il verbale di pignoramento su quel bene, che così non potrà essere sottratto al creditore. In più rischierai di essere imputato per i reati di sottrazione di cose sottoposte a pignoramento e di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del Giudice dell’esecuzione.
Diversamente, nel caso in cui queste attività non si siano ancora completate, la donazione avrà un effetto iniziale, e al creditore non resterà che l’azione revocatoria per annullare tale disposizione patrimoniale.
In più, la Cassazione ha precisato che non integra il reato di sottrazione di cose sottoposte a pignoramento l’atto di disposizione di un bene immobile compiuta dopo la notifica dell’atto di pignoramento ma prima della trascrizione di quest’ultimo [2], né integra il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice. Tecnicamente, infatti, tale comportamento non realizza alcun ostacolo al regolare e tempestivo svolgimento della procedura esecutiva perché, quest’ultima, non si è ancora perfezionata, anche se è già stata notificata al debitore [3].
In cosa consiste l’azione revocatoria?
Quest’azione, come anticipato, consiste nella possibilità per il creditore di porre nel nulla gli effetti della donazione effettuata in suo danno.
Le condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria consistono nell’esistenza di un valido rapporto di credito tra il creditore che agisce in revocatoria ed il debitore disponente, nell’effettività del danno, inteso come lesione della garanzia patrimoniale a seguito del compimento, da parte del debitore, dell’atto traslativo, e nella ricorrenza, in capo al debitore medesimo, ed eventualmente al terzo donatario, della consapevolezza che, con l’atto di disposizione, venga a diminuire la consistenza delle garanzie spettanti ai creditori [4].
Ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria, non occorre che l’atto di disposizione abbia compromesso totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, essendo sufficiente che detto atto abbia reso più incerto o difficile il soddisfacimento del credito. Ciò si verifica, quindi, non solo in caso di variazione quantitativa del patrimonio, ma anche di modificazione qualitativa.
In questo caso il debitore donante dovrebbe provare che il proprio patrimonio, nonostante la stipula del predetto atto, abbia conservato le giuste garanzie per il soddisfacimento delle ragioni creditorie senza difficoltà.
Solo in questo modo potrebbe evitare l’accoglimento dell’azione revocatoria, per mancanza della consapevolezza di arrecare pregiudizio al creditore. Anche se, per la ricorrenza del requisito della consapevolezza di arrecare pregiudizio, si sostiene che sia sufficiente la previsione di un mero danno potenziale in danno del creditore.
In un caso trattato dalla giurisprudenza di merito, ad esempio, si è considerata irrilevante la circostanza, allegata dal debitore donante, secondo cui l’atto di donazione è stato posto in essere per ragioni umanitarie, ossia al fine di dare un sostegno economico alla figlia del donatario, con problemi di salute, e non con intento frodatorio [5].
Note
[1] Tribunale Milano, sez. II, 04/04/2012, n. 4066
[2] Cassazione penale, sez. VI, 03/06/2015, n. 29154
[3] Cassazione penale, sez. VI, 19/05/2009, n. 38099
[4] Cassazione civile, sez. III, 25/05/2017, n. 13172
[5] Tribunale Lucca, 17/02/2017, n. 403
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