Quali sono le conseguenze penali degli atteggiamenti eccessivamente confidenziali tenuti dal padre nei confronti della minorenne?
Quando si parla di molestia o di violenza sessuale, il pensiero va sempre ai rapporti tra estranei o tra partner in fase di rottura, dove l’eccessiva confidenza può giocare brutti scherzi sia per l’autore della condotta che per la vittima. Sebbene la molestia possa essere inquadrata come un reato minore, rispetto a quello più grave della violenza sessuale, rimane sempre un gesto antipatico, oltre che inopportuno per la persona destinataria della condotta. Ma può esistere molestia nel rapporto tra padre e figlia? E violenza sessuale? Esistono delle conseguenze penali per i gesti troppo confidenziali commessi dal genitore? Una volta approfonditi questi reati e le conseguenze penali e civili, analizzeremo una recentissima pronuncia della Cassazione che si è focalizzata sulla questione, trattando il reato di molestia verso i figli.
Il reato di molestia
Il reato di molestia punisce chiunque, in un luogopubblico, o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo.
Ad esempio, integra l’ipotesi di molestia l’insistente comportamento, prolungato nel tempo, di chi corteggia, in maniera non gradita, una donna, essendo tale condotta rivelatrice di petulanza, oltre che di biasimevole motivo.
Le condotte moleste possono configurarsi anche sul luogo di lavoro da parte del proprio capo, ad esempio, al fine di ottenere prestazioni sessuali da una subordinata, che viene messa nella condizione di subire molestie sessuali senza opporsi sotto la duplice minaccia di atti persecutori e dannosi o, addirittura, della perdita del posto.
Differenza con il reato di violenza sessuale
La violenza sessuale, invece, punisce chiunque, con violenza o minaccia, o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali.
Pertanto, la condotta sanzionata comprende qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, tra soggetto attivo e soggetto passivo del reato, ovvero in un coinvolgimento della sfera fisica di quest’ultimo, ponga in pericolo la libera autodeterminazione della persona offesa nella sfera sessuale.
A differenza della molestia, quindi, nel reato di violenza sessuale viene coinvolta la corporeità della persona offesa, e non le semplici espressioni verbali a sfondo sessuale o di atti di corteggiamento invasivo ed insistito.
Ad esempio, le ripetute condotte di palpeggiamenti dei glutei e delle cosce della persona oggetto di attenzioni sessuali integrano il reato di violenza sessuale e non quello di molestie sessuali.
Conseguenze civili
In ambito civile, sia la molestia che la violenza sessuale possono essere perseguite sotto forma di danno morale ed esistenziale, risarcibili anche se l’illecito non costituisce reato.
In questi casi, infatti, la vittima subisce ripercussioni nella propria vita, nelle proprie abitudini e nelle proprie relazioni sociali, anche di coppia, sfociando in una vera e propria malattia psichica.
Dopo aver provato la condotta molesta o violenta sessualmente, si potrà quindi ottenere il risarcimento dei danni patiti che sarà quantificato in via equitativa, non essendo il danno non patrimoniale quantificabile in modo determinato. Per tale motivo, ci si affida a delle tabelle istituite dai tribunali nazionali che – sulla base di alcuni principi – riescono a personalizzare tale tipologia di danno.
Conseguenze penali
La molestia sessuale è, tecnicamente, una contravvenzione punita con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 516 euro.
Diversamente, la violenza sessuale – reato decisamente più grave – è punito con la reclusione da sei a dodici anni. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali, abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa o traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Se il caso di violenza viene considerato di minore gravità, la pena può essere diminuita in misura non eccedente i due terzi, ferma restando l’applicazione delle circostanze aggravanti o attenuanti.
La persona offesa potrà, comunque, ottenere delle sanzioni accessorie, come l’obbligo di allontanamento dell’autore del reato e il divieto di frequentare le zone vissute dalla vittima.
Rapporto tra padre e figlia
Ma può configurarsi un reato di molestia, o di violenza sessuale nel rapporto tra padre e figlia? Da ultimo, la Cassazione [1] si è pronunciata su un caso avente ad oggetto la condotta di un padre che aveva palpeggiato le parti intime e il seno della figlia minorenne.
Ebbene, i giudici hanno puntualizzato la mancanza dell’elemento materiale della condotta, non ravvisandosi in alcun modo nei gesti descritti dalla minore alcuna attività di persuasione e pressione, né alcuna costrizione a subire o tollerare atti sessuali non voluti. Secondo i giudici, mancherebbe la finalità sessuale, denigratoria, offensiva o prevaricatoria dell’atto, per cui sebbene il toccamento del seno sia astrattamente configurabile come atto sessuale, in quel caso il contesto generale indice a far ritenere che manchi la connotazione sessuale dello stesso.
Proprio nel caso preso in esame dalla Suprema Corte, si è pure analizzata la particolare situazione familiare che vedeva i genitori davanti ad una crisi coniugale, sfociata nella separazione.
Proprio in quel quadro familiare problematico, secondo i magistrati, è necessario valutare con eccezionale prudenza le accuse dei minori che promanano dall’iniziativa della madre coinvolta nella rottura del matrimonio, essendo presente anche un interesse personale e possibile condizionamento. Proprio quella particolare situazione, può avere condizionato l’interpretazione dei maldestri abbracci del padre, ai quali la stessa ha dato una rilevanza sessuale, in realtà inesistente.
Note
[1] Cass. pen., sez. III, n.10074/2020 del 16.03.2020
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