Mia moglie, deceduta qualche mese fa, aveva contratto dei debiti. Noi non abbiamo accettato l’eredità. C’è il TFR ancora da riscuotere. Questo fa parte dell’attivo? Chi riscuote il TFR rischia di dover pagare i relativi debiti?
Nel caso di decesso di lavoratore dipendente ancora in servizio, le somme maturate a titolo di tfr non confluiscono e non verranno computate nel patrimonio ereditario (art. 2122 cod. civ. e art. 12, co. 1, lett. c), d. lgs. n. 346 del 31.10.1990.).
In pratica, ciò significa che i familiari superstiti del lavoratore dipendente hanno diritto a chiedere e riscuotere il TFR per diritto proprio e personale attribuito loro dalla legge, indipendentemente, cioè, dall’accettazione dell’eredità e, quindi, anche se abbiano rinunciato alla stessa.
L’articolo di riferimento è il 2122 del codice civile: in caso di morte del prestatore di lavoro, le indennità devono corrispondersi al coniuge, ai figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado.
La ripartizione delle indennità, se non vi è accordo tra gli aventi diritto, deve farsi secondo il bisogno di ciascuno.
Anche la giurisprudenza è intervenuta sul punto, statuendo che “devono escludersi dall’asse ereditario: a) le somme spettanti ai minori a titolo di t.f.r. e indennità sostitutiva del preavviso, in quanto esse costituiscono oggetto di un diritto spettante “iure proprio” ai soggetti indicati all’art. 2122, comma 1 c.c.; b) le somme relative al Fondo Nazionale di Pensione Complementare, dal momento che trattandosi anche in tal caso di competenze di natura previdenziale, esse spettano “iure proprio” ai soggetti di cui all’art. 2122, comma 1 c.c.; c) le somme spettanti ai minori a titolo di trattamento pensionistico in relazione agli importi contributivi versati dal padre e in conseguenza del suo decesso (cd. pensione indiretta), dal momento che il diritto dei superstiti al trattamento pensionistico indiretto è autonomo rispetto al diritto alla pensione spettante all’assicurato, di guisa che alla morte di questi, non entra a far parte dell’asse ereditario, ma è acquisito dai superstiti “iure proprio” (Tribunale Asti, 13/05/2011).
Pertanto, in caso di morte del prestatore di lavoro, le indennità indicate negli art. 2118 e 2120 c.c. – secondo univoco orientamento giurisprudenziale – costituiscono oggetto di un diritto spettante “iure proprio” ai soggetti indicati nel comma 1 dell’art. 2122 c.c. (sul punto, anche Tribunale Torino, 29/06/2002).
Per tali ragioni, Le confermo che il trattamento di fine rapporto compete agli eredi del lavoratore defunto nei limiti in cui sarebbe spettato a quest’ultimo, senza che con ciò possa configurarsi un’accettazione dell’eredità; così, potrete decidere che una persona a Vs. scelta possa usufruire di quei soldi.
I creditori di Sua moglie non potranno aggredire il beneficiario del TFR.
Il mio consiglio è, tuttavia, di procedere con un atto di rinuncia dell’eredità tramite Notaio, o dinanzi alla Cancelleria competente per territorio, spogliandosi al contempo di beni identificabili come di proprietà di Sua moglie (macchine, immobili, computer, telefonini).
In questo modo, si eviterebbero future cattive soprese per Lei e i Suoi figli.
Consulenza sul TFR dello Studio Legale Cirilla
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