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Nota di credito: cos’è e come si fa

Immagine del redattore: Salvatore CirillaSalvatore Cirilla

Quali sono le caratteristiche di questo documento di rettifica e le modalità con cui deve essere emesso?


Capita a tutti di sbagliare, figuriamoci quando ci sono di mezzo dei numeri. E così succede che le aziende, alle volte, non fatturino correttamente il quantitativo di ordine ricevuto; o, più semplicemente, debbano rimborsare un prodotto venduto, poi risultato difettoso. Tuttavia, per far quadrare i conti, occorrerà contabilizzare tali rimborsi, in modo tale da equilibrare il bilancio aziendale al momento della chiusura annuale. Analizzeremo, quindi, in questo articolo lo strumento della nota di credito: cos’è e come si fa?



Cos’è la nota di credito?

È un documento che serve alle società fornitrici per correggere totalmente o parzialmente gli importi fatturati ad un cliente.


La nota di credito è di fondamentale importanza per i conti al bilancio, poiché nel caso sia stata già emessa e registrata la fattura di vendita, l’azienda non potrà semplicemente restituire le somme in disavanzo alla cliente, essendo presente all’interno della contabilità un documento dichiarante il quantitativo di merce venduta. Così, prima di effettuare materialmente lo storno di parte di quella merce fatturata, la società fornitrice dovrà preliminarmente emettere la nota di credito.


Grazie all’emissione di questo documento, il cedente o prestatore avrà il diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente e, così, potrà evitare di pagare le tasse, in mancanza di un effettivo guadagno, registrando la nota di variazione nel registro degli acquisti [1], oppure mediante apposita annotazione in rettifica, con segno negativo, nel registro nel quale è stata annotata l’operazione originaria.


Quando deve essere emessa una nota di credito?

Ci possono essere diverse ragioni per dover emettere tale documento [1]:

  • dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione di un’operazione commerciale,

  • mancato pagamento della fattura, a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose,

  • applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente,

  • correzione di errori contenuti nella fattura,

  • risoluzione contrattuale, relativa a contratti a esecuzione continuata o periodica, conseguente a inadempimento di una delle due parti, come il mancato pagamento del corrispettivo da parte del cessionario o committente.

Entro quando deve essere emessa?

La regolamentazione temporale varia a seconda del tipo di fattispecie coinvolta nell’emissione di tale documento.


La regola generale è che la nota di credito debba essere emessa, al più tardi, entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione in diminuzione [2].


Rientrano, quindi, in questa regolamentazione i casi di:

  • dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione di un’operazione commerciale,

  • di applicazione di sconti previsti contrattualmente, inclusi gli abbuoni concessi al consumatore finale tramite i cosiddetti buoni-sconto, purché non dipendenti da un sopravvenuto accordo tra le parti [3],

  • mancato pagamento della fattura, a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose,

  • in presenza di una clausola risolutiva parziale contenuta in un contratto di compravendita [4],

  • maggiorazione dell’aliquota IVA prevista da un decreto legge, poi non convertito [5].

Eccezioni temporali all’emissione della nota di credito

Se la casistica degli eventi indicata dal legislatore [1] si verifica in dipendenza di un sopravvenuto accordo fra le parti, o in caso di rettifica di inesattezze nella fatturazione (errori materiali o di calcolo compresi), la nota di creditodovrà essere emessa entro il termine di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione originaria, pena la decadenza dalla possibilità di emettere tale documento [6].


Rientrano in questo ambito anche l’applicazione di eventuali sconti, nel caso in cui la riduzione del corrispettivo sia frutto di un sopravvenuto accordo tra le parti [7].


Cosa deve contenere la nota di credito?

Il documento che contiene la nota di credito è analogo alla fattura. Esso contiene la dicitura “nota di credito”, o similare, l’indicazione dell’ammontare della variazione dell’imponibile e/o della relativa imposta (totale se l’importo non è stato incassato, parziale se l’importo è variato per l’applicazione di sconti) e gli estremi della fattura rettificata.


Se, ad esempio, la nota di credito è dovuta a seguito di risoluzione contrattuale, allora si dovrà inserire tale motivazione, al fine di meglio specificare le ragioni contabili di tale emissione.


La nota di credito nell’applicazione degli sconti

Come anticipato, la nota di credito è consentita solo in presenza di abbuoni o sconti previsti a livello contrattuale; tuttavia, se le condizioni contrattuali giustificative dello sconto si verificano successivamente all’emissione della fattura, la nota dovrà essere emessa entro il termine tassativo di un anno dall’effettuazione dell’operazione [6].


In questa casistica rientrano:

  • le diminuzioni di corrispettivo dovute a consuetudini commerciali,

  • gli sconti concessi direttamente dal produttore al consumatore [8],

  • gli sconti pattuiti verbalmente, anche successivamente alla stipula del contratto originario [9].

La nota di credito nella procedura fallimentare

Potrà emettersi una nota di credito anche se l’importo in fattura non è stato pagato per via di una procedura concorsuale pendente in capo al cessionario. Secondo il legislatore [1], in questi casi, per poter emettere la nota di credito, occorrerà che la procedura concorsuale si sia rivelata infruttuosa, non potendosi ritenere sufficiente la mera pendenza della procedura. In questo modo, si consentirebbe l’allineamento del momento di emissione della nota di credito con la rilevazione della perdita ai fini delle imposte dirette.


E così, se nel fallimento è presente un piano di riparto, la nota potrà essere emessa solo in seguito alla pubblicazione del decreto con il quale il giudice delegato stabilisce tale piano o, più prudentemente, decorso il termine per le osservazioni al piano di riparto. Se non esiste un piano di riparto, la nota potrà essere emessa alla scadenza del termine per il reclamo avverso il decreto di chiusura della procedura.


Nei casi in cui sia avviato un concordato preventivo, la nota sarà ammessa con la definitività della sentenza di omologazione e solo dopo che il debitore concordatario abbia adempiuto agli obblighi ivi assunti. Come anche in fase di ristrutturazione dei debiti avviata da un’azienda, dove la nota di credito troverà spazio solo a seguito del decreto che omologa l’accordo con i creditori.

La nota di credito nelle procedure esecutive

La nota di credito potrà emettersi anche a fronte di una procedura esecutiva rivelatasi infruttuosa [1].


Ma cosa s’intende per procedura infruttuosa? Tipico caso è il verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario attestante l’assenza di beni o crediti del debitore da pignorare, ovvero l’irreperibilità o l’impossibilità di accedere al domicilio del debitore. Altro esempio è l’abbandono della procedura esecutiva immobiliare da parte del creditore a seguito di tre vendite all’asta andate deserte.


Si applica l’imposta di bollo?

A norma di legge, costituiscono atti soggetti ad imposta di bollo, oltre le fatture, anche le note, conti e simili documenti recanti addebitamenti o accreditamenti, anche non sottoscritti, ma spediti o consegnati pure tramite terzi [10]. Di conseguenza, si ritengono ricomprese anche le note di credito.


Tuttavia, sono esenti da bollo le fatture e gli altri documenti riguardanti il pagamento di corrispettivi di operazioni assoggettate ad IVA; per cui ne consegue che, in tali casi, la nota di credito risulterà esente da imposta di bollo.


Note

[1] Art. 26 co. 2 DPR 633/72

[2] Circ. Agenzia delle Entrate 17.1.2018 n. 1

[3] Ris. Agenzia delle Entrate 10.4.2008 n. 147

[4] Ris. Agenzia delle Entrate 31.3.2009 n. 85

[5] Ris. Agenzia delle Entrate 21.5.2007 n. 106

[6] Art. 26 co. 3 DPR 633/72

[7] Ris. Agenzia delle Entrate 17.2.2009 n. 42

[8] Corte Cass. n. 20964 del 16.10.2015

[9] Corte Cass. n. 8558 del 22.06.2001

[10] Art. 13 Tariffa, parte I, allegata al DPR 642/72

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