Mia madre è invalida al 100% per patologia di Alzheimer. È in casa di riposo e fino ad oggi il comune è intervenuto con integrazione sulla retta perché la sua pensione rientrava negli aiuti assistenziali. Ora, il Comune fa presente che mia madre non ha più diritto all’integrazione, in quanto l’Isee è troppo alto. È corretto che debba pagare io? Cosa posso fare?
In questi casi, le rette sono composte:
per una parte, da una quota sanitaria;
per la restante, da una quota alberghiera.
Queste quote possono oscillare, a seconda del tipo di ricovero operato. Ad esempio, nei casi più gravi, la quota sanitaria prevarrà su quella alberghiera, permettendo al ricoverato di essere maggiormente coperto dalla quota integrativa del Comune. Se il ricovero è relativo a trattamenti salvavita, la retta dovrebbe essere addirittura a totale carico dell’Ente responsabile.
Diversamente, meno grave è la situazione e più la famiglia sarà chiamata a contribuire economicamente per il bene del ricoverato.
Da questo punto di vista, sarà richiesto il cosiddetto Isee socio-sanitario, che prenderà come riferimento lo stato reddituale del ricoverato, oltre la componente aggiuntiva dei figli, che determinano il reddito e, quindi, condizionano l’ammontare della retta. Ciò non significa che i figli siano condannati a non poter sopravvivere per mantenere la retta della Rsa, ma sarà una valutazione che andrà valutata e studiata caso per caso. Questa premessa è fondamentale per capire se il Comune abbia operato correttamente, o meno.
Nel caso di Sua madre, affetta da Alzheimer e, quindi, da patologia grave, che rende la persona non autosufficiente, nulla dovrebbe essere richiesto né a lei, né ai suoi parenti e nel caso in cui sia stata pagata qualche somma, sarebbe possibile richiederne la restituzione al Comune (vedasi tribunale di Verona sent. n. 2384/2013).
Ovviamente, questo vale per le case di cura convenzionate con il Servizio sanitario nazionale.In caso di struttura privata, l’intera retta sarà posta a carico del fruitore del servizio.
Detto ciò, la strada da percorrere sarebbe quella di inviare un’intimazione legale al Comune, allegando la certificazione di invalidità di Sua madre e intimando loro la copertura della quota parte di loro spettanza, rappresentando che, in mancanza, sarà costretta, tramite legale, a tutelarsi nelle competenti sedi giudiziarie.
Tuttavia, al fine di poter risparmiare tempo e denaro, potrebbe essere maggiormente conveniente la scelta di cambiare struttura e trasferire Sua madre presso una Rsa.
Questo per due ordini di ragioni:
questa struttura essendo di natura sanitaria, e non residenziale (come la casa di cura), consentirebbe cure costanti e più appropriate per la tipologia di invalidità di Sua madre;
l’Alzheimer, come in tutti i casi in cui un anziano si trova in condizione di grave non autosufficienza, permetterebbe a Sua madre di usufruire delle prestazioni fornite dalla Rsa a titolo totalmente gratuito, essendo a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale (vedasi Trib. Monza, n. 1964/2017).
Nella fattispecie, da quanto ho avuto modo di leggere, Sua madre avrebbe diritto all’assistenza a totale carico del Ssn. È, infatti, ovvio che nessuno Le potrà mai imporre di rinunciare alla propria vita per salvaguardare la vita di un’altra persona. Sarà sempre necessario effettuare un bilanciamento di interessi, così da verificare la nozione di “impossibilità” di prestare assistenza al genitore.
Inoltre, deve essere ravvisabile una situazione nella quale si palesi un difetto assistenziale non altrimenti colmabile, tale da compromettere il processo vitale per la persona chiamata ad assistere. L’assoluta impossibilità per la figlia di assistere la madre si individua avendo riguardo non solo al soggetto chiamato a prestare assistenza, ma anche, e soprattutto, alla situazione del figlio, in considerazione del rischio in concreto derivante per quest’ultimo dal “deficit” assistenziale. Pertanto, dimostrando che Lei non può più assistere Sua madre, perché finirebbe per sottrarre a Lei stessa il fabbisogno giornaliero, non Le potranno rimproverare nulla.
Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Salvatore Cirilla
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