Al ricorrere di quali condizioni viene meno il provvedimento giudiziale di concessione dell’immobile coniugale?
La casa familiare è croce e delizia di un matrimonio: frutto di tanti bei ricordi nella fase positiva del matrimonio, diviene sede di tante battaglie al momento della separazione. Spesso l’assegnazione del giudice esula dal titolo di proprietà vantato da un coniuge, piuttosto che da un altro, e questo perché l’istituto in questione ha come obiettivo la salvaguardia della prole e della sua stabilità psicologica. Una volta ottenuto quel provvedimento, ti chiedi se potrai godere di quell’immobile in eterno o se quell’immobile dovrà essere da te lasciato al raggiungimento della maggiore età o dell’indipendenza economica dei tuoi figli. In questo articolo, vedremo in che modo il terzo interessato o il coniuge non assegnatario possono ottenere la revoca assegnazione casa familiare per figlio maggiorenne, verificando le pronunce giurisprudenziali emesse dalla suprema Corte di Cassazione su questo tema.
La casa familiare
La casa familiare, o casa coniugale che dir si voglia, è il luogo dove la famiglia mangia, dorme e svolge la quotidianità dei momenti insieme: insomma, è il luogo dei ricordi di tutti (mamma, papà e figli).
Capirai che questo luogo è molto importante, soprattutto per i figli che, nati tra quelle mura domestiche, hanno di quella casa un punto fermo della loro vita: è lì che festeggiano i primi compleanni, portano a casa i primi amichetti e festeggiano tutte le festività. Ecco perché il legislatore considera tale luogo di fondamentale importanza per i loro interessi, prima ancora di quelli dei coniugi, proprietari e non.
Assegnazione casa familiare
In caso di rottura del matrimonio, il giudice chiamato a decidere sull’assegnazione dell’abitazione familiare deve tenere conto in primis dell’interesse dei figli. Solo in secondo luogo, infatti, il magistrato potrà verificare la forza economica dei singoli coniugi e il titolo di proprietà dell’immobile [1].
Per tale motivo, il sacrificio del coniuge proprietario dell’immobile adibito ad abitazione familiare è ammesso solo a condizione che i figli minorenni, o non economicamente autosufficienti, debbano vivere stabilmente con l’altro coniuge.
È opponibile il provvedimento di assegnazione?
Succede che altre persone, all’infuori dei coniugi, possano rivendicare un diritto sulla casa familiare, tale da mettere in pericolo l’assegnazione del giudice, posta a tutela dei figli.
Per tale ragione, il legislatore prevede una forma di pubblicità, detta trascrizione, che serve a rendere opponibile ai terzi l’esistenza di tale vincolo sull’immobile. Infatti, dopo aver trascritto questo provvedimento presso i registri immobiliari, i terzi vengono a conoscenza dell’esistenza di questo provvedimento e, così, l’interesse maggiore mostrato dal legislatore a salvaguardia della famiglia sospende il diritto vantato da altre persone su quell’immobile.
Tuttavia, anche in mancanza di trascrizione, il provvedimento di assegnazione può essere salvaguardato, almeno per i primi nove anni, anche se al ricorrere di due condizioni: la presenza di figli minorenni o maggiorenni non economicamente stabili [2]. Anche in questo caso, il terzo dovrà sottostare al provvedimento e attendere il venir meno dei presupposti per la revocare dell’assegnazione.
Quando è possibile ottenere la revoca dell’assegnazione della casa familiare?
Avrai capito che il provvedimento di assegnazione non dura in eterno. Anche se il vincolo di abitazione posto dal legislatore è molto forte, non sempre tale diritto può essere tutelato al ricorrere di determinati eventi.
Di certo, sappiamo che l’assegnazione non può essere revocata con la morte del coniuge non assegnatario trattandosi di un diritto personale di godimento collegato direttamente all’interesse dei figli.
La giurisprudenza, da ultimo, ha stabilito i casi principali per cui il terzo interessato [3], o anche il coniuge non assegnatario, possano ottenere la revoca del provvedimento di assegnazione:
la morte del beneficiario dell’assegnazione;
il compimento della maggiore età dei figli o il conseguimento da parte degli stessi della indipendenza economica:
il trasferimento del figlio maggiorenne;
il passaggio a nuove nozze oppure la convivenza more uxorio del genitore assegnatario;
la mancata utilizzazione della casa da parte dell’assegnatario, sempre previa valutazione dell’interesse prioritario dei figli.
Tuttavia, mentre per i casi coinvolgenti direttamente la prole(raggiungimento della maggiore età e autonomia economica) la revoca non sarà condizionata ad ulteriori aspetti, per i casi non riguardanti i figli (quali, ad esempio, il passaggio a nuove nozze del coniuge assegnatario) occorrerà continuare a salvaguardare l’interesse dei figli maggiorenni privi di reddito che avranno sempre il diritto di richiedere il mantenimento ai genitori [4].
In conclusione, ricorrendo i presupposti appena citati, il giudice della separazione o del divorzio non potrà far altro che revocare l’assegnazione della casa coniugale a seguito della richiesta del coniuge non assegnatario. Se, invece, è un terzo interessato alla revoca del provvedimento, occorrerà procedere con un’ordinaria azione di accertamento dell’avveramento di quella condizione che fa venir meno i presupposti per l’assegnazione al fine di ottenere la revoca del provvedimento impugnato.
Note
[1] Art. 337 sexies cod. civ.
[2] Cass. civ. n.1744/2018 del 24.01.2018.
[3] Cass. civ. n.772/2018 del 15.01.2018.
[4] Cass. civ. n.13354/2017 del 26.05.2017.
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